VINI LATINOAMERICANI SORPRENDENTI

È emozionante pensare che nel continente americano esistevano molte viti silvestri, viti spontanee imparentate con le liane, ancor prima dell’arrivo degli europei con la loro la vitis vinifera, la specie in assoluto più importante per le caratteristiche qualitative dei suoi frutti principalmente destinati al vino o alla tavola. 

Tuttavia forse non tutti sanno che, tra le regioni del cosiddetto Nuovo Mondo, il Sud America è la più antica, con una produzione vinicola documentata già dal sedicesimo secolo. La viticoltura, introdotta dai coloni spagnoli in Messico per esigenze di culto, divenne poi una attività florida nel XVIII secolo in Cile e Argentina, ancora oggi i due maggiori produttori del subcontinente.

E tra i luoghi appena visitati per motivi professionali, c’è proprio il CILE. Il paese, oltre a vantare la più antica tradizione vinicola nell’emisfero meridionale, è quello che è riuscito a definire uno stile produttivo molto caratterizzato, orientando la propria enologia sui vini da uve internazionali. Basti pensare al Don Melchor di Concha y Toro, giudicato nelle varie annate tra i migliori Cabernet Sauvignon del mondo.

La svolta con l’avvento della Fillossera. Quando il parassita decimò i vitigni europei, il Cile iniziò a esportare i propri vini in quantità, grazie anche alla precedente lungimirante politica di importazione in terra cilena dei più importanti vitigni francesi (basti pensare al sopravvissuto di lusso Carménère). La momentanea assenza di vini francesi ed europei fu così allora coperta egregiamente.

Ho provato Sauvignon e Chardonnay che in qualità nulla hanno da invidiare ai migliori colleghi francesi. Un Sauvignon secco, fresco, con buona acidità, dall’aroma varietale erbaceo e di frutta non matura, non affinato in botte per evitare la contaminazione degli aromi terziari, al contrario degli eleganti Chardonnay “vanigliosi” da barrique, ma sempre belli e rinfrescanti.

L’affascinante viaggio in America Latina è proseguito con un amico sommelier di Lima e la sua spiegazione del nome Hanan, una parola quechua che significa il sublime, l’elevato, lo speciale, e che risponde all’idea del vigneto peruviano in costante evoluzione.

l’Hanan Tannat Carménère del produttore Tacama è un blend in cui il Tannat apporta forza, struttura, volume, persistenza, note speziate e dolci. La perfetta integrazione del legno nel vino che assieme al Carménère si ravviva con un tocco di freschezza e di frutta nera.

Il sommelier del Baco y Vaca mi ha specificato che “le piante degli appezzamenti di origine sono innestate e sono cloni – i discendenti vegetativi di una varietà speciale – scelti in Francia. L’Hanan Tannat Carménère viene affinato per un anno in botti monouso e riempite dopo l’assemblaggio”. Quasi da non credere la raffinatezza di quell’uvaggio nel bicchiere!

La tradizione vinicola del PERÚ è iniziata, come per molto paesi sudamericani, con i primi colonizzatori spagnoli. Il clima è talvolta simile al cileno, ma consumo e produzione del vino sono piuttosto bassi se confrontati alla produzione di bevande alcoliche come il famosissimo Pisco. Tuttavia, i produttori locali sono in grado di produrre, specie nella valle di Ica a sud del paese fronte Pacifico, vini di buon livello da varietà di uve che si adattano molto bene a un clima talvolta estremo e tropicale. Anche qui Grenache, Cabernet Sauvignon, Malbec per i rossi e Sauvignon Blanc, moscato per i bianchi.

In ECUADOR siamo vicini all’equatore e il clima non aiuta certamente la coltivazione della vite. La sfida di produrre vino in questo paese ha portato comunque la produzione anche a 2.500 metri sul livello del mare e con il vento che soffia forte.

È di Cuenca l’unico vino provato con marchio Ecuador. Un Sauvignon Blanc croccante, tropicale, ma alla fine: sorpresa… era CILENO al 100%. Scoperti e affondati. Sarà per la prossima.

Ho cenato presso i ristoranti delle due rinomate e gentili chef Martha Ortiz e Gabriela Ruiz Lugo, entrambe intervistate in occasione della scrittura del mio libro Kitchen Run (Mondadori Editore, Milano – 2023). Come i sommelier mi commentavano, in MESSICO il consumo di alcolici è focalizzato su birra, tequila e mezcal, ma l’interesse per il vino messicano è cresciuto tanto come la sua reputazione.

Le regioni vinicole si trovano nelle zone a clima leggermente più fresco e temperato dall’oceano come in Baja California o nella sottozona delle Valli di Guadalupe dove, comunque, l’irrigazione è sempre necessaria e consentita. Cabernet Sauvignon e Merlot predominano su Sirah, Zinfandel, Nebbiolo e Tempranillo. Tra i bianchi: Chardonnay, Chenin Blanc, Semillon.

A Querétaro, la regione vinicola più a sud dell’emisfero settentrionale arida ma a oltre 2.000 metri sul livello del mare si realizzano spumanti simili al Cava catalano con i vitigni Xarel-lo, Parellada e Macabeo. 

Anche qui buona qualità. Provare per credere Escala, il Sirha 2019 della casa Hilonegro, proveniente dalla Valle de Guadalupe, che convince il naso con aromi di timo, ciliegia, leggere spezie di tabacco e il palato con il suo morbido equilibrio.

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Sono imprenditore nel settore metalmeccanico per la ristorazione professionale e da oltre trent’anni seguo l’omonima azienda di famiglia, riferimento industriale del Made in Italy dal 1952. Leggi tutto

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