Ai primi di settembre torna a gran richiesta IL MURO TRASPARENTE. Delirio di un tennista sentimentale, opera geniale di cui, ai primi di questo mese, ho assistito all’ultima replica inizialmente prevista.
Geniale è la bizzarra parete di plexiglass posta tra l’attore e il pubblico di un teatro ottocentesco come il Nuovo di Verona. Penso sia stata la prima rappresentazione al mondo per una trovata del genere. Sì, un muro trasparente contro cui, a suon di dritti e rovesci, il direttore del Teatro Stabile scagliava botte di micidiale precisione.
Gli fosse caduta una volta quella pallina gialla, invece mai la schiena curva per il bravissimo Paolo Valerio in versione tennista sentimentale delirante. Recitare un monologo così bene e giocare a tennis con precisione tanto certosina non credo sia impresa per molti.
Rabbia e potenza nei colpi di un tennista solitario

Il tennis è visto come evidente metafora della vita e intrattiene il pubblico per oltre un’ora. Il protagonista Max procede senza sosta alcuna a palleggiare contro il plexi fino allo sfinimento fisico e mentale in un delirio amoroso privo d’apparente via d’uscita. L’infaticabile tennista è sposato, ma fantastica su un’altra donna altrettanto sposata e di cui si è appena innamorato. Chi scegliere fra l’intrusa Giulia, l’amata che lo allontana definitivamente dal passato, e la moglie che “cuce, ma con la quale parla pure di Nietzsche?”.
L’ossessione consuma e divora. L’ossessione spinge il corpo al movimento continuo fino allo stremo del fisico e del pensiero. L’ossessione si scarica su quella parete trasparente simbolo attualissimo di distanza sociale e chissà, nella mente degli autori Marco Ongaro-Paolo Valerio, simbolo anche di un contatto ancora possibile.
Max affronta la crisi della sua vita come ha sempre fatto, giocando a tennis anche se odia il tennis. Una contraddizione che cova dentro di sé e che scarica a racchettate, alternando violenza e piccoli tocchi sempre combattuto tra ciò che fa e ciò che sogna. Momenti di silenzio, urla disperate. L’uomo è alle prese con l’agonismo tennistico o con quello amoroso? Con l’incapacità di scegliere tra i due amori o di cedere alle sirene della solitudine?
Mentre Paolo Valerio “gioca”, lo spettatore in cuffia ascolta la sua voce, i rimbalzi della pallina contro il plexiglass, le musiche che in un potente crescendo accompagnano la partita in solitaria, azzeccatissimi i Pazza idea e Ricominciamo.
L’unica nota stonata, dovuta alle misure anti Covid, il caldo abissino. Senza aria condizionata e con le cuffie a crear goccioloni. Ma ecco il colpo di teatro finale: chi del pubblico vuole cimentarsi? Tutti sul palco con gel e mascherina a riportare il tennis da metafora di vita a puro divertimento, seppur qui stravagante, con l’aggiunta di performance sportiva registrata e data in pasto ai social. Sa di nuovo anche questa gustosa appendice al teatro virtuale di questi ultimi mesi. Finalmente si torna alla fisicità dello spettacolo.
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