Storie d’Irlanda. La Dublino degli scrittori

Dublino ha una storia millenaria, fa parlare di sé dall’epoca vichinga del IX secolo. Le testimonianze delle epoche successive sono ovviamente più visibili e si concretizzano non solo nei castelli e nelle cattedrali medioevali, ma soprattutto nei fasti architettonici del XVIII secolo all’epoca in cui era considerata la città georgiana più bella dell’impero britannico. 

L’eleganza sofisticata della capitale della Repubblica d’Irlanda, la sua vocazione cosmopolita e la proverbiale affabilità dei dublinesi, dentro e fuori i pub, suscitano rispetto e sottolineano quella personalità cittadina che naturalmente emerge. 

Nessuna città di uguali dimensioni può vantare quattro premi Nobel alla letteratura: Yeats (1923), Shaw (1925), Beckett (1969), Heaney (1995), senza dimenticare la figura chiave di James Joyce. Dublino può essere definita una capitale della letteratura, con una tradizione millenaria che inizia dagli eruditi delle università monastiche sorte in tutta l’isola per diffondere la dottrina cristiana e formare l’élite europea. 

Le prime importanti figure letterarie emergono comunque nel XVIII secolo, l’epoca aurea della Dublino georgiana in cui cominciarono a mescolarsi, in una prospettiva del tutto locale, gaelico e inglese. 

E che Dublino abbia un rapporto privilegiato con i libri e gli scrittori, lo dimostra anche una delle più impressionanti biblioteche del mondo: La Long Room. Costruita tra il 1712 e il 1732, la sala principale della Old Library ha quasi 65 metri di lunghezza e contiene oltre 200.000 tra i libri più antichi e ancora consultabili. Allineate nel corridoio centrale della Long Room ci sono i busti di marmo di celebri filosofi e scrittori, così come di alcune personalità legate alla storia del Trinity College.

La letteratura irlandese moderna nasce a fine Settecento con Jonathan Swift e il suo romanzo I viaggi di Gulliver ed è stato bello ricordarlo durante la visita alla St. Patrick’s Cathedral. Andando avanti di due secoli troviamo lo humor leggendario di Oscar Wilde (1854-1900), interessanti la sua casa Natale, le targhe e la raffinata scultura (la Talking Statue a Merrion Square) a celebrarne la grandezza. Come dimenticare poi il creatore di Dracula Bram Stoker (1847-1912), l’autore della commedia Pigmalione George Bernard Shaw (1856-1950), le poesie di William Butler Yeats (1865-1939), il drammaturgo Samuel Beckett (1906-1989) autore della pièce teatrale Aspettando Godot e il più recente dei Nobel irlandesi quel Séamus Heaney massimo rappresentante contemporaneo del rinascimento poetico irlandese?

Tralasciando il fervido panorama letterario contemporaneo, anche al femminile mi suggeriscono le guide locali, a giganteggiare su tutte queste figure del passato è comunque James Joyce (1882-1941), il più grande scrittore di Dublino, l’autore di Ulisse che molti considerano il massimo capolavoro del XX secolo, il motivo di incontenibile orgoglio per gli irlandesi. 

E pensare che quando era in vita, mi spiega a gennaio Manuel guida spagnola ma irlandese d’adozione, Joyce veniva liquidato come “pornografo letterario” dai suoi concittadini e da altri intellettuali come George Bernard Shaw (di cui a sua volta Oscar Wilde scriveva “Fino ad ora, Bernard Shaw non è diventato sufficientemente illustre da avere dei nemici ma non piace a nessuno dei suoi amici”). 

Eppure, Joyce fu tanto bistrattato dai suoi concittadini che decise di lasciare la città per non tornarvi mai più, anche se continuò a restare a Dublino con la sua immaginazione e nei suoi libri “Quando morirò Dublino sarà scritta nel mio cuore”.

– Io non ho mai letto niente di suo, ma è un autentico genio – mi dicono alcuni dublinesi osservando la sua statua a Earl Street Northe, una delle dieci Talking Statues dublinesi. E lo dicevano non solo riguardo a Joyce, ma riferendosi anche ai molti altri giganti della letteratura irlandese del passato. Chi suggeriva “Mal comune mezzo gaudio”? Credo Cicerone, ma non cerchiamo alibi!

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Sono imprenditore nel settore metalmeccanico per la ristorazione professionale e da oltre trent’anni seguo l’omonima azienda di famiglia, riferimento industriale del Made in Italy dal 1952. Leggi tutto

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