SCRITTURA “CINEMATOGRAFICA” IERI E OGGI

3 LIBRI A CONFRONTO

Sono reduce dalla lettura di due romanzi in contemporanea.
Non mi era mai successo e devo dire che è stato bellissimo.
Fruttuoso confrontare due romanzi non poi così distanti nel loro genere, un horror del ’67 e un noir dei nostri tempi, ma profondamente diversi nell’architettura narrativa, nello stile di scrittura, nella loro finalità.

Il primo stringato, diretto, incisivo. Il secondo intricato, faticoso, ma avvincente figlio dei nostri tempi.
In entrambi i romanzi è presente una spiccata figura femminile protagonista.
In Rosemary’s Baby, parliamo di un libro di oltre cinquant’anni fa, l’autore Ira Levin sa spaventare in modo geniale e moderno. Un sorriso, un gesto gentile, una carezza, elementi astratti che nascondono il male che riesce a celarsi al meglio dietro l’apparente bene. E quando riusciamo a vederlo, questo male, ormai è troppo tardi. Magistrale il continuo crescendo di ansia che riga dopo riga pervade sempre più i sensi della protagonista Rosemary. Donna media della classe borghese americana dell’epoca, che si troverà vittima del proprio carattere fragile e troppo fiducioso nel prossimo. Donna ingenua e incapace di vedere un mondo intorno a lei fatto di streghe, seguaci di Satana, amuleti e pozioni.

Un classico della letteratura anni ’60, Rosemary’s Baby provoca angoscia nel lettore senza ricorrere a scene cruente, perché il nemico è l’uomo della porta accanto, anzi, Rosemary ne ha già uno in casa. 
Le persone che crediamo di conoscere sono quelle di cui dovremmo diffidare. Le cose che ci attraggono quelle da cui dovremmo stare alla larga. Horror o Thriller psicologico? La struttura narrativa è suggestiva, diabolica. Poche descrizioni, molti dialoghi, azione quanto basta.
Il dramma di Rosemary ha un epilogo sorprendente, macabro, agghiacciante reso possibile dallo strazio di una donna che voleva solo essere madre.

In Una storia nera di Antonella Lattanzi, la protagonista Carla è vittima delle violenze del marito al punto da premeditarne l’uccisione. 
Carla, rea confessa, è coinvolta in un processo mediatico che la trasforma da Mantide religiosa a Madre Coraggio. Nella costruzione del personaggio, la scelta è azzeccata e rappresenta la creazione del mostro o, cambiando prospettiva, della vittima cui l’attuale cronaca nera ci ha abituato. 
La storia è di un amore malato, ossessivo, tra Carla e l’ex marito Vito, un uomo rude che nel corso del matrimonio conduce una doppia vita con un’altra donna. Il ritmo è incalzante nei dialoghi frequenti e nel montaggio della trama. I periodi sono spesso molto lunghi, sapientemente dominati dalla attenta punteggiatura, perfetti a incutere nel lettore la giusta angoscia. L’argomento del femminicidio è molto sentito e Antonella Lattanzi ha costruito un romanzo dai molti colpi di scena. 

Il colpo di teatro finale è ben riuscito, anche se il tutto sembra eccessivamente costruito, televisivo, funzionale al montaggio tra temi di cronaca e quotidianità familiare nell’ottica della narrativa d’intrattenimento più modaiola. 
Tuttavia, piacevole e ben scritto il romanzo incarna ciò che probabilmente sono le imposizioni odierne dell’editoria, che vuole combinare appeal di cultura con fruibilità di genere.

D’altro canto, oggi la scrittura è più cinematografica degli anni Sessanta e comunque del secolo scorso. Si usano molto di più le immagini e non c’è dubbio che tra parole, suono e immagini queste ultime siano l’elemento narrativo più forte. Grazie a Internet e all’offerta culturale che mette a disposizione una quantità di informazioni superiore a tutta la conoscenza precedente, le quantità di video e foto di cui abbiamo accesso ogni giorno non inducono gli autori contemporanei a indugiare troppo nelle descrizioni. Chi non conosce la Parigi della Belle Époque, la Londra contemporanea o il Grand Canyon in Arizona? 

Forse gli scrittori pensavano in maniera cinematografica anche prima dell’avvento del cinema, perché il cinema mette insieme tutto il montaggio dello scibile, dei codici di tutte le altre arti. L’insieme di blocchetti di scene e sequenze è la drammaturgia, mentre la composizione è l’organizzazione degli spazi. Quello che serve al lettore sono i pezzi, gli elementi necessari che servono al lettore per mettere in scena il mondo che l’autore ha creato. La bravura sta nel raccontare nel minor numero di parole le varie inquadrature. 


Teniamo presente che rendere la scrittura più cinematografica è una delle possibilità della scrittura, non certo l’unica, perché il tipo di esperienza che oggi il pubblico cerca maggiormente è proprio l’esperienza cinematografica. Romanzi scritti in maniera cinematografica e anche impostati in prima persona al presente e non con la classica terza persona al passato remoto. L’incidente scatenante avvia il cambiamento, la trasformazione di un personaggio, il movimento e il conflitto. Per architettare un cambiamento lo scrittore deve trovare soluzioni continue nella cosiddetta architettura della battaglia. 

La prima persona al tempo presente è oggi scelta molto usata. Basti pensare a come vanno forte i Mémoires, che fino a 20 anni fa nemmeno venivano accostati ai romanzi. Perché oggi c’è fortissimamente bisogno di realtà, dopo i mondi fantastici in voga tempo addietro. La terza persona era il tempo dei romanzi, la voce classica della letteratura, ma se vediamo i grandi attuali best seller molti di questi sono scritti in prima persona e al presente, ossia il tempo della sceneggiatura. 

Prendo a esempio la quarta di copertina di un’altra mia recente lettura: La più amata della scrittrice Teresa Ciabatti: “Mi chiamo Teresa Ciabatti, ho quarantaquattro anni e non trovo pace. Voglio scoprire perché sono questo tipo di adulto, deve esserci un’origine, ricordo, collego. Deve essere successo qualcosa. Qualcuno mi ha fatto del male. Ricordo, collego, invento. Cosa ha generato questa donna incompiuta?”.

Chi è il Professor Lorenzo Ciabatti? Tutti lo amano, tutti lo temono, e Teresa è la sua figlia adorata: l’unica a cui il Professore consente di indossare l’anello con lo zaffiro da cui non si separa mai. Medico benefattore o uomo calcolatore, padre premuroso o un potente con ruoli importanti in alcuni degli eventi più bui della storia recente? Teresa Ciabatti ricostruisce la storia di una famiglia e, con essa, le vicende di un’intera epoca. 

Rendere l’azione presente o meglio rendere lo spettatore presente all’azione creando immersività è un aspetto fondamentale del cinema. E in questo caso lo si fa con una autofiction sincera, feroce, nata dall’urgenza di comprendere un’infanzia felice bruscamente interrotta. “E per diventare scrittori migliori dobbiamo diventare anche un po’ registi della nostra storia. Questo è quello che ci spiega la messinscena. L’arte che deriva dalla fusione della drammaturgia (strutturare bene la storia con la sua trasformazione in un arco narrativo nel tempo) e della composizione (arte di disporre gli elementi nello spazio in movimento per generare senso). Saremo scrittori migliori se studiamo la pittura, il cinema, la musica e se avremo approccio da registi alla nostra scrittura. Tutto questo renderà la nostra storia più visibile” (Alessandro Avataneo, docente alla Scuola Holden e regista).

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di Ogatrac Oize (Ezio Cartago)
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Sono imprenditore nel settore metalmeccanico per la ristorazione professionale e da oltre trent’anni seguo l’omonima azienda di famiglia, riferimento industriale del Made in Italy dal 1952. Leggi tutto

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