PRESIDENTESSA, PRESIDENTA, LA PRESIDENTE?
Saggista, linguista, attivista femminile Alba Sabatini scrisse per il Parlamento Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua. Era il 1987 e quel testo evidenziava l’uso paternalistico di parole riferite alle donne, annunciava che i ruoli importanti non erano più solo in mano agli uomini, invitava a declinare al femminile.
Quei suggerimenti furono accolti con freddezza, ma oggi termini come “assessora” e “avvocata” sono frequentemente usati nel parlato e nello scritto, anche se talvolta non senza dubbi e diffidenza.
Da oggi vorrei periodicamente condividere con voi una serie di pillole, spunti, suggerimenti sul linguaggio di genere: gli aneddoti storici, le regole suggerite dalle grammatiche, le perplessità che ancora oggi stanno suscitando termini come “ministra”, o ancora l’uso delle più comode parole ambigenere e dell’alternanza tra maschile e femminile.
Le società evolvono e con loro la lingua. L’italiano tradizionale riconosce solo due generi ed è fortemente abituato a usare il maschile sovraesteso. Auspicabile è dunque arrivare a un linguaggio più inclusivo, magari senza l’abominevole impiego di segni appartenenti ad altri alfabeti (come il frequente uso della schwa “Ə”, elemento preso in prestito dall’Alfabeto Fonetico Internazionale) o l’inserimento di asterischi vari.
È il momento di introdurre il genere neutro nella lingua italiana?
Ma la neutralità di genere nel linguaggio è già stata bocciata dall’Accademia della Crusca in quanto non appartenente al repertorio dell’italiano standard.
Tuttavia la lingua è in continuo movimento e nessuna norma può davvero imbrigliarla.
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