GIORDANO BRUNO GUERRI AL FESTIVAL DELLA BELLEZZA

IN

VAN GOGH E LO SPLENDORE DELLE OSSESSIONI

“Dall’uomo vero al vero uomo, la strada passa per l’uomo pazzo”

c/o Villa Guarienti – Garda

“Quando a New York al Met, al Moma c’è la notte stellata in una sala piena di capolavori. C’è Cèzanne, Gauguin, Manet, ci sono tutti, e però come capita a Louvre con la Gioconda sono tutti lì davanti alla notte stellata, non guardano neanche gli altri quadri, c’è solo la notte stellata di Van Gogh, che è bello, è un quadro incantevole ma insomma, ignorare tutti gli altri…

Qual è il motivo del fascino di Van Gogh? E perché questo fascino è esploso solo dopo la sua morte?

Perché il poveretto tutta la sua vita non ha venduto un quadro, ne ha fatti centinaia, aveva un fratello mercante d’arte e non ha venduto un quadro, proprio gli sputavano addosso addirittura ai suoi quadri. Episodio vero, un signore che lo vedeva dipingere, pum, aveva il tabacco e gli ha sputato addosso.

Io ho cercato di capire questo, con questo libro, il fascino e il mistero di Van Gogh cosa ci dice, perché ci piace tanto, i colori non bastano a definire un mistero così.

Ma la confidenza è un’altra, la confidenza è, quando è nata questa passione? A 37 anni.

Lui è morto a 37 anni, io a 37 anni, c’è stata una svolta della mia vita, ero direttore editoriale della Mondadori, poi c’è stata la guerra fra De Benedetti e Berlusconi e l’ha vinta De Benedetti e ha cacciato via tutti i berlusconiani per fortuna con una buona liquidazione e così sono rimasto sparso, dicevo cosa faccio adesso, cosa faccio adesso? Faccio il pittore. Mi era venuta questa passione che avevo già inespressa.

Ci provo. Ho cominciato a dipingere, ho visto che proprio ero pessimo, pessimo, e non andava bene però questa coincidenza dell’età di Van Gogh, la scoperta dell’età di Van Gogh, perché in quei mesi ho studiato i suoi dipinti, mi ha portato, avevo del tempo libero, avevo del denaro, a rifare il suo percorso. Sono partito da dove è nato, Zundert, posto orribile a sud dell’Olanda e ho fatto tutte le tappe che lui ha fatto nella sua vita. L’Aia, Anversa, Londra, Parigi, Arles, Auvers, ecc. e ho scritto un romanzo. Ho scritto un romanzo sulla storia di uno scrittore che credeva di essere Van Gogh e rifaceva tutto il percorso di Van Gogh, è venuto fuori un librone di 500 pagine. Ma per fortuna avevo fatto l’editore fino allora e quindi sono in grado di distinguere un bel romanzo, un miglior romanzo, un brutto romanzo, questo era proprio brutto.

L’ho buttato via, ho fatto questa cosa incredibilmente drammatica, scenografica, da film, caminetto acceso, spam, un pacco di fogli, non esisteva ancora il sistema digitale per salvare, copia unica, distrutto, non sono per niente pentito perché le cose brutte vanno abbattute, come ci raccontavamo prima.

Però mi è rimasta la passione e 15 anni dopo, le 500 pagine di un brutto romanzo sono diventate un centinaio di pagine di un libro che a me sembra bello. E allora adesso raccontiamo un po’ Van Gogh, finalmente, dopo aver parlato di me.

Dicevamo che è nato a Zundert, sud dell’Olanda, un paesino di 100 abitanti, adesso ne ha 7.500, perché la fama di Van Gogh, la ferrovia, l’autostrada eccetera. Però era un posto di una tristezza tremenda, vi assicuro. Pianura, campi, nebbia, pioggia.

E in più con il modernism grazia cosa faceva il padre di Van Gogh? Faceva il prete, era un prete protestante, oltretutto in una zona a maggioranza cattolica.

Quindi già una famiglia, una famiglia difficoltosa, quattro fratelli, sorelle eccetera, ma soprattutto la prima disgrazia, anzi, la seconda dopo il padre prete, un’altra. Sapete che nelle chiese protestanti c’è un cimitero accanto? E Van Gogh, Vincent passava tutti i giorni più volte al giorno davanti a una lapide dove c’era scritto Vincent Van Gogh.

Lui aveva avuto un fratello esattamente un anno prima morto sul nascere e avevano chiamato lui Vincent, pure lui.

Gli psicanalisti sostengono che in casi come questi il bambino assume su di sé un senso di colpa. Perché il messaggio è immediato, se non moriva lui non nascevi tu.

Sono un senso di colpa che porta all’autolesionismo. Vedrete che la psicanalisi ha cercato in molti modi di interpretare Van Gogh e soprattutto di definire se era pazzo o no? Infatti il libro si chiama “Follia”, ma col punto interrogativo. Io non credo affatto che fosse pazzo, aveva una sensibilità superiore e diversa. Fu col massimo, teorico studioso alla follia, dice dall’uomo al vero uomo, la strada passa per l’uomo pazzo.
Dalla scimmia all’uomo, cioè in mezzo il genio che vede, che vede oltre.

Superato questo problema dell’infanzia il piccolo Vincent non mostra neanche amore per gli studi. I genitori a 15 anni lo mandano a lavorare e siccome la famiglia si occupa, ci sono i parenti che si occupano di arte, va a fare il commesso, il garzone, in una galleria d’arte dove si vendono i quadri che piacciono ai borghesi che vogliono mettere la Bella Marina in salotto e lui però critica gli acquisti di cose che vende, dice sconsigliatissimo, ma che brutto, che brutto, che brutto. Così lo cacciano, già mostra di essere un pochino strano, ma certamente con una personalità autonoma: torna a casa e prova ad andare a scuola, non va bene e di nuovo lo mandano a Londra, in un’altra galleria, si innamora di Ursula, è sicuro che si sposerà ma Ursula lo respinge.

La vita di Van Gogh con le donne è una tragedia. Lo vedremo presto perché non ne ebbe mai veramente una. E non aveva neanche la pittura, sto ragazzo. Perché pensate che, saltiamo qualche passaggio di questa storia triste, lui ha cominciato a dipingere a 27 anni, cioè 10 anni prima di morire. Un giorno, un pittore mezzo parente Move si commosse, vedendo sto ragazzo che disegnava qualcosa su fogli, eccetera e gli regalò, una scatola di colori.

Lui ha una scatola di colori che meraviglia, 10 anni prima di morire eh, attenzione, e ha cominciato a dipingere a olio tre anni dopo, cioè a trent’anni.

Tornato a casa dopo molte altre sciagure, fra cui un altro innamoramento della cugina Kee.

Cugina Kee, quando lui si è dichiarato tra l’altro era brutta, proprio brutta, quando lui si è dichiarato, che orrore, no, perché povero Vincent era anche fisicamente poco attraente. Prima di tutto, era rosso di capelli, ci sono dei Rossi qua che non vorrei fare gaf? Con te posso, poi non hai più capelli. Signora, e sono cose che si dicono a me il rosso adoro, poi il suo è stupendo, ma io ricorderò sempre mia nonna che era una contadina toscana, che diceva di quello rosso, non son boni neanche i capretti. E un’altra frase che diceva era il più bono dei rossi, ammazzatelo su mamma. C’è un pregiudizio sui rossi che è assurdo come tutti i pregiudizi, giusto, feroce, cattivo.

Comunque lui era rosso, era lentigginoso, questo sole, il viso affilato, i denti all’epoca era raro che qualcuno li avesse tutti a posto. Lui li aveva particolarmente in disordine. Poi aveva delle grandi spalle, un grande torace e delle gambette abbastanza modeste. Non si lavava particolarmente tanto e insomma un signore che istintivamente uno…  poi tra l’altro era taciturno poi all’improvviso si arrabbiava, faceva delle grandi litigate.

E allora la cugina dice no, per carità, la famiglia si rifiuta di farlo rientrare in casa per la cugina e lui riesce a entrare, mette la mano sulla candela, dice, lascerò la mano così fin quando non me la fate vedere, ho capito che fanno bene.

Comincia a cuocere la carne. Così cominciamo a abituarci all’idea dell’orecchio tagliato, e a considerarlo come un’altra cosa, non un atto di follia, ma un atto di volontà, come vedremo. Vabbè, comincia a dipingere, va via dalla famiglia con un po’ di soldi che gli danno. E finalmente mette su una casa a L’Aia e trova la fidanzata. La fidanzata, però non è proprio l’ideale. Si chiama Sien, è più grande di lui ed ha una figlia è pure incinta. E fa la prostituta di mestiere. É quella donna che voi tutti avete visto in un disegno bellissimo che si chiama Sorrow. Una donna che accucciata con i seni cadenti, nasconde il viso fra le ginocchia, con i capelli lunghi, sporchi dietro, una donna alcolizzata che fuma pessimi sigari e che, ogni tanto per campare, quando non trova lavoro per fare le pulizie nei bordelli di nuovo esercita la professione. Ma lui la ama, la ama e sente finalmente di avere una famiglia, sarà l’unica famiglia della sua vita.

Però immaginate il padre prete e immaginate il fratello Theo, perché non abbiamo parlato ancora di Theo.

Theo è un bel personaggio. Che mi fa essere contento di essere figlio unico.

Grazie. Theo ha quattro anni in meno di lui, è destinatario di questo 650 lettere che gli ha scritto Vincent, bellissimo libro che vi consiglio nonostante la mole. Si può saltare qualcosa veramente, dice Van Gogh. Ed è un personaggio completamente diverso, lui ha scelto di fare la persona seria, gallerista d’arte, prima come dipendente, poi in proprio. Tutto perfettino. Biondo, riccioluto con un visino a tutto posto, gli occhialini il cravattino, la giacchettina e il modino e questo delinquente, secondo me era un vero delinquente Theo, intuì, faceva in mercate d’arte eh, che il fratello aveva delle potenzialità, probabilmente non capì che era un genio assoluto, ma capì che qualcosa si poteva cavare fuori.

Per cui, per tutta la vita tutta la vita, ormai parliamo di sei o sette anni, gli davan uno stipendio mensile, piccolo appena sufficiente per campare, mangiare e comprarsi i colori e le tele.

In cambio aveva la proprietà di tutti i quadri che faceva Vincent. Centinaia. Oh centinaia di Van Gogh, questo si è portato in casa.

E non gliene ha venduto neanche uno. Divertiamo, si teneva lì perché mercanti aspettano sempre che le quotazioni salgono. Però, è l’unico aiuto che ha Vincent e per cui è legato a questo fratello, praticamente il fratello lo tiene proprio per la gola. Lo strozza. E la madre, non abbiamo parlato di quella santa donna della madre. La mamma, mammina. Quando Vincent se ne andò da casa da grande, per mettersi proprio, appunto con Sien, eccetera. Aveva in casa circa 300 disegni e qualche olio di Van Gogh. Che fece? Fuoco nel fuoco. Buttiamo, buttiamo tutto via, tutto via qualcosa li prese un carrettiere che probabilmente, con l’intenzione di incantarci le mele chissà. Ed è per questo che ogni tanto si trova qualche disegno di Van Gogh, qua e la, guardate fra le vostre mele, che magari trovate qualcosa. Ecco, questa è la famiglia. A un certo punto Vincent si sente pronto, ha già dipinto, i mangiatori di patate, quel capolavoro assoluto, si sente pronto, dove però non c’è ancora il Van Gogh che conosciamo il Van Gogh del rapporto con la natura.

Si sente pronto ad andare a Parigi. Parigi, negli anni ‘80 dell’Ottocento era proprio la Villa Lumiere. Era la capitale mondiale della cultura e soprattutto della pittura. Ma anche una città dinamica, vivacissima. Stavano costruendo la Tour Eiffel. L’unica foto di Van Gogh che esiste è di spalle, lui si è girato e ha sullo sfondo un mozzicone di Torre Eiffel che è in costruzione. Ed è una città piena di vizi, di allegrie, di gioie, di dolori e di pazzi, perché i pittori… i pittori, è già all’epoca è l’epoca dei maledetti. È l’epoca di Verlaine. È l’epoca degli scrittori anche, come si chiama quell’altro famoso, delle poesie. Boudelaire. Boudelaire ecco, mi è venuto un lapsus, l’ho dimenticato.

E di conoscere tutti. Poi immaginatevi che c’era un locale, un localaccio, dove potevano trovarsi uno accanto all’altro, Pissarro, padre e figlio, Monet e Manet.

Degan, Gauguin, Van Gogh lì a chiacchierare, discutere di pittura, e a bere assenzio, assenzio, assenzio, questa storia dell’assenzio, io devo dire, l’ho cercato disperatamente di bere assenzio durante questa mia esplorazione vangoghiana però non si trova più, pare che fosse una cosa micidiale. Prima di tutto ha un tasso alcolico altissimo, arriva fino al 70° ma poi l’hanno veramente estirpato nella Francia, l’ha proibito, hanno  distrutto la pianta originale.

Pare che non si riesca a ricrearla, per cui si trova ancora l’assenso in qualsiasi bottega. Ma non è proprio quello che aveva proprietà simili all’hashish pare, oltre a quelle dell’alcol per cui era una cosa tremenda. E siccome in quegli anni, pensate la storia a volte come si mischia, in quell’anno ci fu una malattia della vite che praticamente azzerò la produzione di vino e tutti bevvero assenzio, assenzio, assenzio. Pare che abbia fatto dei danni tremendi sulla mortalità, la follia e molto mentale. Bevevano questo assenzio, discutevano di pittura. Van Gogh tornava da Theo tutte le sere, in condizioni penose, voi immaginate ormai la casa di Theo come poteva essere. Con i centrini, sotto i soprammobili, tutti i quadri bendisposti, non quel fratello eccetera, e tornava questa bestia ubriaca, vogliosa di discutere di pittura, di… fa male i quadri che il fratello vendeva eccetera. E lui, c’è anche un passaggio, vi leggo un pezzettino di queste di queste lettere, lettere, una lettera  di Theo al padre, no alla sorella. La mia vita è quasi insopportabile, nessuno vuole più venire da me perché Vincent non va in cerca che di litigare. Inoltre, è così disordinato che la nostra casa è tutt’altro che accogliente. Spero che andrà ad abitare da solo in qualche posto. Si direbbe che due persone diverse coesistano in lui, l’una mirabilmente dotata, simpatica e dolce, l’altra egoista, spietata. Esse si danno il cambio, così che ora lo si sente ragionare in un altro modo, ora, in un altro ancora con argomenti pro e contro, contro se stesso. È un peccato che ci sia in lui questo conflitto perché rende la vita difficile non soltanto agli altri, ma anche a se stesso.

Veramente è un ritratto amabile, tutto sommato, però, lo vuole mandare via, lo vuole mandare via, non lo sopportano neanche i suoi amici pittori. Lui cerca di fare amicizia con tutti, litiga con tutti. E in particolare con Toulouse Lautrec. Toulouse Lautrec eh, ce l’avete presente Toulouse Lautrec? Toulouse Lautrec è un altro fenomeno, perché lui invece origini nobili, un fisico infelice perché aveva una malattia perché è caduto da cavallo da ragazzo. Gambe cortissime su un busto enorme, però, la prende con allegria, è il pittore del Moulin Rouge.

Le ballerine a volontà. Donne, prostitute eccetera. Ed è l’unico che da un po’ di confidenza a Van Gogh, per cui Van Gogh gli sta addosso ma a un certo, punto anche Lautrec non ne può più e siccome c’è Gauguin che magnifica sempre il sole dei tropici, Gauguin che è nato protagonista di questa vicenda, come sapete legata alla storia dell’orecchio. Gauguin è un uomo bellissimo, alto, bruno, con dei bei baffi, sicuro di se e spavaldo, poi è un giocatore d’azzardo è uno che a 5 figli ha mollato la famiglia, l’impiego, tutto quanto per darsi alla pittura e alle avventure. E lui parla sempre di questa meravigliosa luce che c’è ai tropici, nelle isole dei tropici. E Van Gogh sogna, non ha mai visto la luce. Oh, non si è mai mosso a sud di Parigi poveretto. E allora Toulouse Lautrec un giorno gli dice, ma sai che nel sud della Francia c’è un sole come di tropici. Davvero. Un sole fantastico, vedrai giallo radioso, perché non vai nel sud della Francia? Van Gogh si lascia facilmente, è un ingenuo, Van Gogh è un buono. Si lascia convincere. Raccoglie i soldi, biglietto di terza classe 20 Febbraio 1888 parte per Arles. Gli restano due anni e mezzo da vivere. Due anni e mezzo, eh. Farà quasi tutto in quei due anni e mezzo. Arriva ad Arles e davvero scopro il sole, la luce, la meraviglia della luce io immagino cosa possa essere per un pittore la meraviglia della luce. E affitta una casa, una casa, casa qualsiasi eh esiste ancora. Una casa gialla. Eccola qui.

Scrive al fratello: tu capisci, giallo fuori bianco dentro, in pieno sole. Finalmente vedrò le mie tele in un interno luminoso, il pavimento e mattoni rossi e fuori il giardino della piazza. Insomma, appare il giallo nella vita di Van Gogh, è un colore che ha inventato lui, ormai lo chiamiamo giallo Van Gogh dicono che era una malattia da vista, ma è una delle tante sciocchezze che dicono certi medici, perché lui l’ha proprio cercato con furore, quel colore. E dipinge, dipinge, dipinge, ma ha bisogno di un compagno, quest’uomo sempre solo, anche perché, a parte le sue tristi avventure con le donne, aveva una strana fissazione, non rara, mi dicono. Io per esempio, so per certo che ce l’aveva anche Curzio Malaparte, uno, un altro personaggio su cui, su cui ho scritto un libro, insomma, dicevano che ogni colpo era un giorno in meno di vita. Cioè ogni non sono stato chiaro, avete capito, il senso di colpa e quindi ogni colpo un giorno di meno di vita. Anche Van Gogh aveva questo, io sarei morto da un pezzo. Quindi la tesi non è vera, è dimostrato e lui ogni 15 giorni aveva stabilito questa cosa, ogni 15 giorni andava al bordello, aveva una sua preferita, una ragazza di origine spagnola, piccolina, carina, si chiamava Rachel. Però ha bisogno di un‘amicizia virile, di un altro artista.

Insiste, insiste, insiste pressa il fratello, e pressa Gauguin perché Gauguin lo raggiunga per lavorare insieme. Gauguin non ne ha nessuna voglia, però il fratello Theo gli offre dei soldi, gli dice che gli prenderà i quadri, allora va. La prima cosa che fa, piomba su Rachel, prima cosa giusto per stabilire come stanno le cose.

Allora immaginatevi questi due uomini Van Gogh tutto così, Gauguin, e Van Gogh che lo sfinisce con le sue chiacchiere sulla pittura, oltretutto Gauguin non la capisce. Cioè pensa che Van Gogh sia un pessimo pittore. Questo ha detto su di loro. E un giorno gli fa un affronto. Gli fa un ritratto. Van Gogh non faceva mai ritratti alle persone a cui voleva bene.

Infatti, si fece un sacco di autoritratti, 22, in tutti i modi, anche deturpandosi. Ma alle persone a cui voleva bene, non glieli faceva, perché, perché sapeva che avrebbe rivelato la loro natura, la loro vera natura. Infatti poi vedremo che qualcuno si capisce, questa straordinaria capacità. Invece, Gauguin non gliene frega, gli fa un ritratto. Vincent dice Vincent ti ho fatto un ritratto, vedi se ti piace e glielo fa vedere. É ritratto di un demente. Demente, Van Gogh, pipa in bocca e gli occhi semi chiusi col pennellino in mano e il labbro che cade, eccetera. Van Gogh lo vede e dice: sono io quello, ma sono io pazzo. Crisi? Io credo che Vincent fosse innamorato di Gauguin. Era probabilmente innamorato di Gauguin. All’epoca l’omosessualità non era accettata, gradita.

Per cui non si espresse mai realmente, ma probabilmente… Dispiace lei ha la luce negli occhi, mi metto qua. E vabbè, allora arriviamo in questa situazione la famosa scena. Una sera Gauguin, esce da solo in ritardo, già scrive lettere a Theo voglio venire via, mandami i soldi, ti do i quadri, basta che mi liberi da questo pazzo eccetera eccetera. E va da solo al bordello. Quando sente all’improvviso le sue spalle, un passo veloce che riconosce immediatamente. Si gira ed è Vincent con un rasoio in mano, così. Io credo che lo volesse sgozzare, mia idea, non ci sono prove e altro, ma com’è che piombi alle spalle di un signore che ti ha fatto un torto, che ami, ti ha respinto con un rasoio in mano. Probabilmente voleva prenderlo così e zac tagliargli la gola. Capita. Eh niente, però viene scoperto.

Gauguin lo guarda con occhi di bracia, alto, possente, pieno di disprezzo. E van Gogh bum così si taglia un orecchio. In realtà non si taglia un orecchio, si taglia così, 1/3, parte inferiore, ma anche la cartilagine mica solo il lobo, una cosa dolorosa. Lo fa per punirsi, non è riuscito a uccidere Gauguin, non è riuscito a farlo innamorare, non è riuscito a farlo restare, non è riuscito ad avere successo, non è riuscito in niente. E sa di essere Van Gogh, attenzione, non abbiamo detto questo. Lui si è già reso conto della propria grandezza. Non si cura, poi molto di avere successo, ma vuole essere amato in qualche modo come una persona normale, allora che fa? Così, tenendosi l’orecchio, va da Rachel e le consegna l’orecchio. Un po’ per, credo per punirla perché… e un po’ per punire se stesso perché del sacrificio, ma una vecchia tradizione di auto mutilazione. Che però gli costa cara, perché a questo punto che fai, con uno che si taglia l’orecchio e poi si mette a letto. Gauguin se l’è già svignata da un pezzo, Van Gogh viene trovato sanguinante nel letto dalla polizia e portato all’ospedale. All’ospedale si comporta molto male, si comporta molto male anche quando lo dimettono ubriaco tutte le sere fa delle cose molto strane che è inutile raccontare, ne ho già raccontate abbastanza. E questo a un mese, si tratta di pochi giorni eh, attenzione, ormai siamo agli sgoccioli. Tutto questo si aggrava quando arriva la notizia che Theo e la moglie aspettano un figlio. Che delinquenti chiameranno Vincent? Ripeto, ripeto la cosa, è il vero Vincent che pensa a questo punto, pensa ora fanno un bambino, non si occuperanno più di me, forse non mi daranno neanche più i soldi per dipingere e per mangiare. Non mangiava quasi niente, cioè tutti i soldi che guadagnava li spendeva in assenzio in materiali per dipingere e al bordello mangiava veramente quasi niente, quindi, le condizioni erano tremende eh, e la paura, la paura di non essere più assistito nella pittura è il periodo in cui dipingere la notte stellata, cioè i suoi massimi capolavori, vanno fra un orecchio tagliato, l’ospedale e il manicomio. Perché a questo punto c’era l’impressione che lui faccia di tutto per fingere di essere pazzo. Perché se è ricoverato in manicomio il fratello deve comunque contribuire a mantenerlo e allora lui fa di tutto per essere ricoverato in manicomio, dove effettivamente lo mettono lì, incatenato a un letto. A me colpisce molto un particolare, che vi faccio sospirare un attimo, che mentre Van Gogh è legato a un letto di ospedale in manicomio come pazzo a pochi, 2/300 km in linea d’aria, c’è Friedrich Nietzsche che abbraccia un cavallo a Torino viene dichiarato pazzo anche lui, pensate, due tra i maggiori geni della loro epoca, pazzi entrambi allo stesso modo. E noi sappiamo che non era pazzo nell’uno nell’altro, anzi è che vedevano oltre. Poi vedremo cosa vedeva Van Gogh alla fine di questa storia. Insomma, un quadro dietro l’altro, ne dipinge anche 10/12 al giorno, dipinge di notte mettendosi un cappello di tela di paglia con le candele sopra per vedere la luce. Fa delle cose straordinarie, oh, sono quadri che oggi vanno se si trovano, non si trovano, sugli 80 milioni di euro. E però naturalmente, è sempre più infelice.

Vuole tornare al Nord perché dopo che esce dal manicomio, i buoni cittadini di Arles, che adesso campano anche sul turismo vangoghiano, eh, andate a Arles, è pieno di restaurant Vincent. Et oui. Eh girasole, non mi ricordo come si dice in francese, eh, i buoni cittadini di Arles lo tormentano, i ragazzi lo prendono a sassate per strada. La polizia gli sta addosso, la gente ne parla. Chiede al fratello di essere riportato al nord.

E lui è terrorizzato però è nato il bambino bisogna farglielo vedere.
E lo fa andare, a Parigi, gli mostra il bambino che ha sopra la culla, avete presente quel disegno, dipinto magnifico con i fiori di ciliegio bianchi, glielo dipinge lì per fargli un regalo ma subito lo vogliono sbolognare, lo vogliono sbolognare, perché insomma, mica vi arriva in casa Vincent con la moglie, il bambino non se ne parla neanche. Allora il buon Theo, che fa, lo manda da un altro pazzo, lo manda da un altro pazzo il dottor Gachet. Il dottor Gachet era un medico che stava a Auvers, una città triste a ovest verso, oltre Parigi. Che si era laureato con una tesi sulla malinconia. Era proprio uno con la faccia che gli cadeva, triste, depresso, sempre con tentazioni suicide, una roba che affidargli un uomo delicato come quello era veramente una cattiva azione. Per di più, Gachet è un pittore dilettante, un pittore dilettante, guarda i quadri di Vincent e dice: Mmm, sono meglio i miei. Si trova a passare gli ultimi mesi della sua vita in questo paese sconfortante, di nuovo con la nebbia, la tristezza, la solitudine, il pazzo canto, solo. E un giorno lui andava a dipingere nei campi, sempre non dipingeva quasi mai al chiuso, andava sempre all’aria aperta, avete presente quel dipinto? Campi di grano con corvi. Ecco li. Va in quel campo lì. Con la sua bella attrezzatura da pittore sulla schiena. Entra dove? Dove entra? Entra nella buca del letame. Cioè, per uccidersi sceglie la buca del letame. Entra lì dentro, fuma la pipa… fumava tantissimo. Fumava che se non moriva giovane moriva di tumore polmoni. Fuma tranquillamente la sua pipa, poi estrae il revolver che aveva preso per difendersi dai buoni cittadini di Arles. E adesso dice, per scacciare le cose si spara.
Ma si spara in un modo stranissimo. Mica la testa mica, il cuore, si spara qua sotto, sotto le costole, puntando verso il cuore. Con un revolver da poveri. Un revolverino. Per cui non muore Non muore per niente, dopo un po’ che sta lì e vede che non muore si alza, riprende la sua roba da pittura sulla schiena, torna a casa, si mette a letto. Però comincia a delirare. Lo scoprono. Chiamano il dottor Gachet, che non fa niente. Attenzione, non chiamano un medico per tentare di operarlo. Chiamano il fratello Theo che arriva. Quindi una agonia lunghissima, eh, poteva essere salvato, probabilmente portandolo in ospedale anche con le condizioni dell’epoca, è il 29 luglio 1890. Arriva a Theo e lui sta per morire. Gli dice: Fratello mio fratello, cosa hai fatto, cosa hai fatto perché l’hai fatto? E Van Gogh gli dice mi sono ammazzato perché mi scocciavo. Però, lui ovviamente l’ha detto in francese, in francese c’è un’espressione intraducibile, mi scocciavo non… lui ha detto je me merd, mi smerdavo. E muore.

Questa è la storia di Van Gogh vivo. Adesso, se volete, prendiamo fiato e raccontiamo la storia di Van Gogh morto, quanto tempo abbiamo? Perché la storia bella comincia adesso.

Adesso abbiamo visto la introduzione eh.

Pubblico:

A oltranza

GBG:

No, no, no. Grazie. Pensate che io di solito detesto parlare. Allora. La mia interpretazione di Van Gogh, io credo, fin qui tutto quello che vi ho detto è vero, è successo così, ovviamente minimamente riassunto ma il successo in Van Gogh perché ci piace tanto? Perché ci piace tanto? E perché l’abbiamo scoperto così tardi? Perché mica ha cominciato a vendere appena morto, è morto Van Gogh, compriamo i quadri di Van Gogh. Oh Theo è stato punito eh, che è morto l’anno dopo, è morto l’anno dopo con il sorriso cattivo che ha fatto. Insomma è morto di malattia!

Però la moglie faceva anche lei mercante d’arte, si è tenuta i quadri e quando è venuto il momento quindi non li vende neppure. Famiglia, ricchissima, famiglia Van Gogh. Allora, io credo di aver scoperto un parallelo fra la pittura di Van Gogh, Jean-Paul Sartre, l’esistenzialismo. Eh, avete presente la Nausea di Jean-Paul Sartre? La scoperta dell’orrore dell’esistenza. Adesso ho perso il segno. Vincent Van Gogh, senza rendersene conto, ha in comune con chi Kierkegaard, Dostoevskij, Nietzsche, l’esistenzialismo e il nichilismo che avrebbero avuto tanta parte della cultura del ‘900. Nella, Nausea, Jean-Paul Sartre, scrive quasi mezzo secolo dopo la morte di Vincent: quella radice, tutto il rapporto a essa era assurdo, assurda. Il rapporto ai sassi, ai cespugli, all’erba gialla, al fango secco, all’albero, al cielo, assurda e irriducibile. Niente, nemmeno un delirio profondo e segreto della natura poteva spiegarla. Davanti a quella grossa zampa rugosa né l’ignoranza né il sapere avevano importanza. Il mondo delle spiegazioni e delle ragioni non è quello dell’esistenza, quella radice esisteva e in un modo che io non potevo spiegarla. Van Gogh, cinquant’anni prima aveva scritto: se si disegna un salice come se fosse un essere vivente e in definitiva lo è veramente, tutto il resto segue con facilità, basta concentrare l’attenzione su quell’unico albero finché non si è riusciti a infondergli la vita. Volevo esprimere qualcosa della lotta della vita, sia in quella pallida e sottile figura di donna, come pure nelle radici nere, contorte e nodose. O meglio, visto che ho cercato di riprodurre fedelmente la natura, come io la vedevo senza farci su della filosofia in tutti e due i casi, involontariamente, si vede qualcosa di quella lotta. Sia nella figura che nel paesaggio vorrei esprimere non una malinconia, ma il dolore vero. Io scrivo per Sartre, lucidamente, e per Van Gogh, inconsciamente, è la scoperta della nausea, il disgusto di sé e di tutte le altre creature dell’universo che vivono facendosi l’abietta confidenza della propria esistenza, senza rendersi conto di essere di troppo. Gratuita. Sartre continua, quando vi capita di rendervene conto vi si rivolta lo stomaco e tutto comincia a fluttuare, quando i Van Gogh fluttuano, Sartre non pensava a Vincent quando scrisse quelle parole, ma ha spiegato la sua pittura in una sola frase. Ero io la radice. O meglio, ero io, io intero la coscienza della sua esistenza. La nausea non mi ha lasciato e non credo che mi lascerà. Ma non la subisco più. Non è più una malattia, né un accesso passeggero, la nausea sono io stesso je me merd, grazie.

Spero di non avervi rovinato la cena. Con questo saluto finale. Però la bellezza di quei quadri indipendentemente da quello che ho detto, forse la mia non è l’interpretazione giusta. La scoperta della natura che vuole vivere indipendentemente da tutto e quindi non è buona, la natura non è mica buona, che pensa soprattutto a se stessa, non pensa ad altro. Indipendentemente da questo, ogni volta che io vedo un Van Gogh mi emoziono ancora. Grazie.

Presentatrice:

Grazie tantissimo, veramente di cuore. Nel frattempo non ci siamo goduti il tramonto. E un grande grazie ancora, al nostro Guarienti.”

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Sono imprenditore nel settore metalmeccanico per la ristorazione professionale e da oltre trent’anni seguo l’omonima azienda di famiglia, riferimento industriale del Made in Italy dal 1952. Leggi tutto

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