1° Parte
Raymond si ritrovava in un grande pasticcio. Ci era finito ancor prima che iniziasse l’estate e ora vi era dentro completamente. C’era un locale dove andava spesso dopo il lavoro. L’aveva cominciato a frequentare per la musica e poi perché poteva starci fino a tardi. Il locale si chiamava Old Stuff e si trovava nel quartiere londinese di Brixton. Un posticino per tutti: etero, gay, lesbiche, qualche coppia scambista, insomma era un ritrovo molto aperto a vecchie e nuove tendenze. A volte qualcuno si metteva a ballare per fare conoscenza, ma la gente andava lì soprattutto per bere e ascoltare musica, spesso quella reggae data la frequentazione di alcuni gruppi musicali afrocaraibici. Erano ormai mesi che Raymond bazzicava l’Old Stuff e gli faceva piacere che si rivolgessero a lui dicendogli magari – Ciao Raymond, come te la passi? –
2° Parte
Erano ormai mesi che Raymond bazzicava l’Old Stuff e gli faceva piacere che si rivolgessero a lui dicendogli magari – Ciao Raymond, come te la passi? – Non aveva mai visto nulla di strano in quel posto, anche se girava voce che un giorno un uomo geloso avesse accoltellato un giovane pretendente al culo della sua donna o che ogni tanto ci fosse stata qualche rissa, specie tra le checche isteriche assidue frequentatrici del locale.
Una volta pareva ci fosse stata anche una retata che aveva coinvolto dei piccoli spacciatori, pusher da cannabis si minimizzava. In fin dei conti che pretendere – Mica viviamo a Piccadilly! – ripeteva Raymond alla sua Ashley.
Ma sua moglie non poteva più tollerare l’Old Stuff, le ubriacature del marito e i suoi rientri notturni. Dopo un mucchio di discussioni, Raymond se n’era andato di casa e si era trasferito in un appartamentino per conto suo.
3° Parte
Ora abitava in un bilocale mansardato in un condominio signorile a Vauxhall. Le due stanze erano piuttosto basse e quando camminava doveva spesso abbassare la testa, tipo quando si apprestava a guardare fuori, cosa che gli succedeva spesso. La finestra principale dava su un cortile interno dove erano parcheggiate ordinatamente alcune auto. A lisca di pesce, l’una vicina all’altra e tutte bianche. I parabrezza delle macchine gli facevano da specchio in certe ore della giornata. Talvolta le auto bianche e la siepe irregolare, ma ben tenuta e che ovattava tutta la corte dai rumori esterni, erano l’unica e silenziosa compagnia di cui poter godere in quel periodo della vita. Un giorno era tornato a casa nel primo pomeriggio, portandosi appresso una scatola con tre bottiglie di vino spumoso e dell’affettato misto. Aveva già l’acquolina in bocca e la fissa che almeno una o due bottiglie andassero scolate prima della cena. Attratto da una melodia jazz che rompeva il silenzio naturale per quell’ora di vita del piccolo condominio, sbirciò tra le tende del finestrone che stava dirimpetto alla porta di casa e vide la giovane vicina girare senza vestiti per il salotto. Mary era bellissima.
4° Parte
Mary era bellissima. Raymond non lo scopriva di certo quel giorno e da tempo sospettava che lei facesse la vita, per il frequente, seppur discreto, viavai di persone da quell’appartamento. Uomini, donne, gruppi di amici, una fantasia pruriginosa lo prendeva ogni qual volta risaliva le scale dello stabile al rientro serale. Quel giorno, però, Raymond decise di tossire con un certo vigore, per poi tornarsene immediatamente zitto. Vide Mary sorridere, come se si fosse accorta di essere scrutata di nascosto e di esserne contenta, la osservò mentre continuava a versarsi una bibita verde in un grande bicchiere pieno di ghiaccio. Raymond indugiò ancora sul pianerottolo, standosene impalato sulla parte sinistra del finestrone col naso appoggiato al vetro e la tendina interna a fargli da schermo. Lei teneva la mano destra sulla penisola della cucina, mentre con la sinistra portava alla bocca il bicchiere per dissetarsi di tanto in tanto. Abbronzata, completamente nuda ad eccezione di una catenella d’argento alla caviglia, con un velo di trucco e smalto salvia pastello su mani e piedi.
5° Parte
Dopo qualche minuto, rimase solo il bicchiere vuoto nello spazio visivo dedicato ai voyeur. Una telefonata aveva allontanato Mary dal salotto. Raymond si portò le mani ai fianchi, sbuffando, e poco dopo decise di riprendere a salire le scale. Trascorsa circa un’ora, più o meno verso le quattro, affacciandosi dalla finestra del salotto vide la ragazza nel piccolo giardino condominiale adiacente il parcheggio defilato sul lato destro rispetto alla sua visuale. Parlottava con una giovane coppia dai tatuaggi vistosi. Fumavano tutti e tre e sembravano allegri, con Mary non poco ammiccante. A un tratto l’uomo scosse la testa e cominciò a darsi dei colpi alla tempia, poi gonfiava le guance e spingeva l’aria verso le orecchie. Sembrava avere un problema fisico o “forse è solo un po’ matto o fumato” pensò fra sé Raymond, allontanandosi dalla parete e chiudendo la finestra.
6° Parte
Dopo qualche istante tornò a sbirciare. Scostando quanto necessario la tendina sulla destra, intravide i tre che si avvicinavano al portoncino d’entrata. Lo sentì richiudersi pesantemente. Allora si avvicinò in fretta all’uscio di casa, appoggiando l’occhio destro allo spioncino della porta come stesse cacciando qualcosa. I tre entrarono nell’appartamento di Mary e a Raymond sembravano elettrizzati. Il pene gli si era incastrato tra i boxer e lo opprimeva la cerniera lampo. “Devi comprare solo slip” gli venne in mente, glielo diceva sempre suo padre. Raymond aveva ancora parte del pomeriggio e tutta la sera davanti a sé. Si avventò sul frigo e decise di stappare la prima bottiglia, facendo attenzione a far esplodere il tappo con il maggior rumore possibile. Alla faccia delle buone maniere, sentiva che lo schiocco del tappo gli faceva compagnia e poteva dare inizio a una buona sbronza. Si riempì il flûte con discrezione e con gusto, ma più di una volta e a fasi ravvicinate.
7° Parte
– Mocciosi? Raymond, capisco che sia un momento difficile per te, ma hai bevuto? Stai bevendo in questi giorni? Parli strano, sembra… sembra che ti mangi le parole quando parli. Sono preoccupata. – Un paio di bicchieri, non ti preoccupare per me. Ashley… ne ho passate, passerà anche questa. Raymond se ne stava seduto col bicchiere in mano e la bottiglia appena stappata che strizzava l’occhio dal tavolo. Ed era già tutto così ben apparecchiato. – Ti stavo pensando, cara. – le disse, mordendosi subito dopo il labbro di sotto – Ancora non riesco a realizzare che te ne sei andata così. – NON ME NE SONO ANDATA VIA IO COSÍ… lo sai bene. – gli disse la donna alzando la voce. – Adesso devo uscire, Ashley. – le rispose riattaccando. Il cellulare squillò ancora dopo qualche secondo, ma lui lasciò fare fintantoché l’apparecchio non perse voce. Poi lo mise sulla funzione silenzioso e si versò dell’altro vino, stavolta fino al colmo del bicchiere. Raymond aveva ancora tutta la sera davanti a sé. Così decise di bere un lungo sorso per non lasciare che si perdesse nemmeno una goccia della seconda bottiglia. Si fece un bel panino col pane scuro, tirò su i piedi e li appoggiò sullo stesso tavolino apparecchiato, facendo attenzione a non rovesciare la bottiglia appena svuotata. Si lasciò andare contro lo schienale, chiuse gli occhi, scosse la testa.
8° Parte
Dopo qualche minuto si alzò e fece per andare in camera, poi cambiò improvvisamente direzione e prese la via del bagno per restarci il tempo necessario. Tornò sul divano, si stravaccò e ripose i piedi sul tavolinetto. “Ma mica ce l’ho con lei”, pensava. “Ho fatto bene ad andarmene”. Decise di finire le poche noci rimaste nel cesto della frutta e il formaggio che gli era avanzato in frigo, ma si accorse presto che era solo una scusa per accompagnare il nuovo companatico con la bottiglia superstite. Ritenne vero il detto che non c’è due senza tre e che in fondo la gradazione di un metodo classico è contenuta. Pensò anche ad altre cose. Pensò che era stanco di bere da solo, che aveva bisogno di qualcuno per condividere quella bottiglia, che se l’avesse bevuta a collo avrebbe sicuramente dato di stomaco, che i succhi gastrici rigettati gli avrebbero incendiato per giorni viscere ed esofago. Che aveva bisogno di una donna. Raymond si alzò di scatto, andò verso l’uscita e mise la mano sulla maniglia della porta di casa. Abbassando lo sguardo, continuò a girarla e a rigirarla per qualche tempo. All’improvviso sembrò cambiare idea e rivolse lo sguardo al cielo. Decise allora di mollare la presa e tornare verso la camera, spogliandosi di tutto per il gran caldo che lo aveva assalito. Scostò di netto la tenda dalla grande finestra della stanza. Si regalò finalmente una visuale più centrale. Fuori c’era ancora Mary, stavolta da sola.
9° Parte
Fuori c’era ancora Mary, stavolta da sola. Fumava e guardava fissa nel vuoto. Raymond la trovava perfetta nel miniabito nero con il bel motivo stringato sul décolleté e l’ampia scollatura posteriore con il gioiello. – Accidenti, – gli venne da dire a voce alta – e io non mi sono fatto nemmeno la barba oggi. – Raymond si sentì pervaso da una sensazione di benessere nello spiarla, standosene lì nella camera da letto mentre il sole tramontava lento dietro i palazzi del quartiere. Si accostò con la spalla destra al marmetto della maestà del finestrone, incrociando le gambe. Poi appoggiò anche la testa e si mise a braccia conserte. “Magari più tardi provo a richiamare mia moglie” si disse “E cercherò di sapere se ho ancora delle possibilità. Se risponde non alzerò la voce, non solleverò discussioni neppure se cerca di provocarmi. Non le dirò nulla dei miei nuovi propositi. Non sono credibile, prima mi deve passare questa sbornia. Se mi risponde le dirò: sono io amore, scusa per prima se sono stato sgarbato”. Adesso aveva voglia di chiamarla, di confidarsi con lei, di sentire la sua voce con la speranza fosse dolce e non nevrotica come negli ultimi tempi. Raymond se ne stava in piedi, con il bicchiere in mano, masturbando la sua mente nella ricerca del ricordo, delle sensazioni di quando viveva da sposato e in intimità con una moglie.
10° Parte
Il telefono squillò nuovamente. – I bambini stanno bene. – le disse – Stai serena, Ashley. Ora dormono dalla baby-sitter. – Ma non erano da tua madre, Raymond? – gli fece sua moglie stizzita. Dopo i primi affanni, lui tentò di giustificarsi. Tuttavia le nascose che la signora Monroe gli aveva confessato che, in quei due giorni, i bimbi si erano addormentati tra le lacrime. Raymond si stropicciò gli occhi più di una volta, ma decise di ometterle la verità. – Dobbiamo mantenerci uniti, per quanto possibile. – le disse Ashley con un filo di voce. Dopo la pausa di silenzio, riagganciò. Forse si aspettava che il marito le dicesse qualcosa. Intanto Mary alzò lo sguardo, si accorse di lui nell’arco di pochi secondi e iniziò a squadrarlo.
11° Parte
Raymond chiuse per un attimo gli occhi, quasi per non voler uscire dal sogno che gli sembrava di stare vivendo. Aveva a che fare con una magnifica giovane donna, una sensazione di benessere lo pervase. Appoggiò i piedi sui mocassini poco prima sfilati e iniziò a ciabattare fino a riuscire nell’intento d’infilarseli. Raymond fece un ampio gesto con indici e pollici di entrambe le mani per indicare il tramonto, mimando con impegno il rossore romantico che incorniciava in un quadro la grande palla rossa. Mary cercò di ricambiare la poesia con gli stessi gesti, mimando a sua volta come lo stesso quadro le fosse già entrato nel cuore, per poi aprirsi definitivamente in un sorriso diverso. Sembrava divertita. Continuò a fumare guardandolo fisso, ma si portò la mano libera alla bocca, coprendosela come per camuffare lo stupore. Fu allora che Raymond si guardò e si accorse di essere nudo. Si strinse nelle spalle come per dichiararle – Che cosa ti aspettavi di vedere, solo un bel tramonto? – Lei rise e gli disse con il labiale: – Dai, scendi. Sbrigati a scendere. Vieni da me. Lui mollò la tenda rimbambito. In piedi, davanti alla finestra, con l’erezione in atto. Raccolse i vestiti e li indossò velocemente, non prima di essersi dato una risciacquata. Si fece anche la barba. Trovò il tempo di mettersi una giacca in tinta con il resto.
12° Parte
Raymond pensò di avere ancora tutta la notte davanti a sé. Tornò in cucina e si sedette per bersi un caffè e fumarsi una Marlboro. “Elisabeth e Jack sono di sicuro già a letto” fu il suo pensiero. – Vada pure a fare quello che deve, prima che si faccia troppo tardi. Non si preoccupi per noi. Vero, bambini? – erano state le ultime parole della signora Monroe. Raymond scosse la testa e sorrise, si sentì traboccare il petto pensando ai suoi figli. Afferrò la terza bottiglia per il collo, un paio di flûte e lasciò che la porta si chiudesse alle spalle. Poi iniziò a correre giù per le scale.
Segui #raccontiapuntate su Facebook e Instagram!
Leave a Reply