EROS E BELLEZZA: A VERONA TRA PIOGGIA E POLEMICHE

Atto Primo del Festival della Bellezza al Teatro Romano 

Eros e Bellezza

A fine agosto si sono svolti al Teatro Romano di Verona i primi incontri della settima edizione del Festival della Bellezza. Quest’anno il tema scelto dagli organizzatori è Eros e Bellezza, concetto sintetizzato ad arte dall’antico filosofo greco Socrate: Eros è la mania divina che sospinge l’anima verso ciò che è bello. 

Un concetto, quello di Eros e Bellezza, approfondito solo in parte dagli illustri ospiti al momento intervenuti. Tuttavia, pochi sono stati gli incontri finora concessi in questa capricciosa coda estiva che si è fatta anche molto violenta a Verona, al punto da sradicare in tempesta più di 600 alberi tra città antica e provincia. “Rimandati a settembre” Alessandro Piperno, Stefano Massini e Luca Barbareschi, il pubblico ha potuto seguire Jasmine Trinca, Pupi Avati, Igor Sibaldi e Gianni Canova.

E subito è scoppiata la prima polemica (della seconda, quella del me too come la definisce vergognosamente il Gazzettino travisando il vero significato del termine legato al movimento femminista, parliamo dopo).

Maggie Taylor, scusate l’analfabetismo ma fino ad oggi non ne conoscevo l’esistenza, rivendica una flagrante violazione del copyright sull’immagine della ragazza con un vestito da ape usata in tutta la comunicazione del Festival. L’artista e fotografa americana giudica controverso e schifoso associare una minorenne al tema di quest’anno del Festival. 

Per quanto riguarda la presunta violazione del diritto d’autore, sarà la giustizia a giudicare. Tuttavia, inviterei l’artista a considerare che il Festival usa questa immagine da diversi anni (benedetta Maggie te ne accorgi solo ora?) e che ogni edizione tratta un diverso tema (nel 2019 L’anima e le forme). 

A prescindere dal concetto astratto di Bellezza percepibile dalle sensazioni piacevoli che l’universo osservato ci restituisce in diversa misura, Maggie Taylor e i suoi fan non sembrano avere ben presente cosa significhi il concetto di Eros. Forse associando questo termine alla pornografia e non a quello affine a questa manifestazione che interpreta Eros come la forza attraverso cui il divino fa evolvere l’uomo aumentandogli l’attenzione per le cose e sospingendolo verso ciò che è bello.

Jasmine Trinca

“L’incantamento della sensibilità”

Quest’anno al Festival della Bellezza il nutrito programma prevede un elenco di relatori. Tutti uomini fatta eccezione per Jasmine Trinca. L’altra presenza femminile prevista è Gloria Campaner. La pianista di fama internazionale a supporto musicale di Alessandro Baricco. Sui social si è scatenata la seconda polemica: “Possibile che non abbiate trovato relatrici donne che potessero intervenire su questo tema? Nel logo del Festival una bambina seminuda va benissimo, così muta e decorativa è perfetta. Al Festival solo donne presenti a intervistare. Al Festival della Bellezza solo donne come oggetto di Eros e Bellezza non come soggetti pensanti sull’Eros e sulla Bellezza”. 

Un peccato non vedere assortimento di genere in ben 22 appuntamenti previsti (21 senza il compianto Philippe Daverio). Non c’è dubbio. Una grave mancanza, pensando anche all’anno scorso con Melania Mazzucco, Paola Turci, Laura Morante, Patti Smith e alla baby pianista Alexandra Dovgan. È vero anche che per l’emergenza sanitaria non sono arrivate dall’estero i talenti assoluti Charlotte Rampling, Jane Birkin, Patti Smith a bissare l’anno passato, Ute Lemper. L’organizzazione, poi, sostiene a forza che le invitate nostrane non se la siano sentita di dissertare su questi argomenti.

C’è poi chi afferma sul Corriere, esiste ancora chi vive nel mondo delle pannocchie, che qualcuno tra i relatori maschietti avrebbe dovuto respingere l’invito davanti a questa immagine di rimozione di genere (come avrebbe fatto recentemente un ministro, ma in un contesto politico il modus operandi è e deve essere completamente diverso). Sono tanti gli spunti di riflessione sui perché, ma alla fine, scusate, mica una manifestazione così bella si può fare di nascosto. Vi pare? 

Almeno l’inizio del Festival della Bellezza 2020 si apre col botto e grazie a due donne. Sul palco veronese del Teatro Romano Jasmine Trinca dialoga con l’organizzatrice Alessandra Zecchini. Donna e anima (assieme all’uomo e marito Alcide Marchioro) di questa meravigliosa rassegna culturale.

Considerata tra le attrici di maggior talento e personalità del cinema internazionale, Jasmine Trinca ha vinto numerosi e prestigiosi premi. 2 David di Donatello, 4 Nastri d’Argento, il Premio Marcello Mastroianni alla Mostra del Cinema di Venezia e Un Certain Regard al Festival di Cannes. Ha lavorato con i registi più affermati, come Nanni Moretti, Michele Placido, Sergio Castellito, Ferzan Ozpetek. 

Molti sono i ricordi affiorati durante l’intervista che ha ripercorso l’intera carriera dell’attrice. Spaziando sulla fascinazione come talento della naturalezza, sullo charme come arma a doppio taglio cui fa scudo la delicatezza, sull’importanza di un sorriso che solchi la profonda differenza tra semplice bellezza e il magnetismo di una bellezza semplice. Sicuri complici a effetto coinvolgimento gli spezzoni di film trasmessi sul maxischermo. Tra questi, i celebri: La stanza del figlio, La meglio gioventù, Romanzo criminale

Bellissima, spigliata, sensibile, a soli 39 anni (“Alla mia veneranda età” si è lasciata sfuggire) Jasmine è già entrata nell’Olimpo delle migliori attrici italiane.

Pupi Avati

“Eros come nostalgia dell’Eros”

“Averlo saputo che eravamo in così pochi, vi invitavo a casa mia” ci dice Pupi Avati salendo sul palco del Teatro Romano di Verona. E del resto, il cattivo tempo e le restrizioni Covid hanno ridotto i presenti a uno sparpagliato gruppetto di audaci sotto un cielo lampeggiante, con una frizzante frescura autunnale e alle spalle l’appuntamento pomeridiano cancellato per pioggia.

“Stiamo realizzando il film ispirato a Nino Sgarbi e a sua moglie Rina Cavallini, i genitori di Elisabetta e di Vittorio. Nino a 93 anni aveva scritto un libro molto bello Lei mi parla ancora che ha acceso la mia fantasia. Nel film lui, anziano, racconta la sua vita a un ghost-writer. Nino da giovane è interpretato da Lino Musella. Da vecchio da Renato Pozzetto, che ha pianto quando ha compreso il personaggio. Pozzetto è stato un grande attore comico, ma ha capito che per lui i suoi 80 anni sono una ricchezza e che, per lui, possono rappresentare un nuovo inizio”.

Chi non conosce Pupi Avati o non ha almeno visto uno dei suoi film? Il regista bolognese dialoga per una buona ora e mezza con la preparatissima giornalista del Corriere Emilia Costantini ed è generoso nella narrazione dei numerosi incontri che segnano la sua lunga vita personale e professionale e di alcuni spassosi aneddoti. Gustosissimo quello in cui ci racconta della serata tra amici e collaboratori dove ebbro suggerisce, tra lo stupore generale, il nome di una cantante lirica nel ruolo di vedova per la Seconda notte di nozze. E per Katia Ricciarelli quell’esordio da attrice fu un bel successo.

“I miei film sono la mia vita. I miei film testimoniano ogni anno esattamente quella che è la mia visione delle cose, del mondo […]. Oggi la nostra vita si risolve all’essenza, arrivi a quello che è il risultato, ti guardi attorno e sei privo di desideri”.

Si spazia dai suoi trascorsi di musicista jazz all’amicizia con Lucio Dalla, dagli insuccessi di inizi carriera agli anni della svolta. Gli anni ’80, quelli di Una gita scolastica (Nastro d’Argento), Festa di Laurea, Regalo di Natale, Storie di ragazzi e ragazze (David di Donatello e Nastro d’Argento), Festival (Nastro d’Argento), Il cuore altrove (David di Donatello), Ma quando arrivano le ragazze, La seconda notte di nozze, Gli amici del bar Margherita, Una sconfinata giovinezza, Il grande cuore delle ragazze.

“Quando riguardo i miei vecchi film, specie quelli dell’horror, li guardo con grandissimo imbarazzo come si guardano gli album delle fotografie in cui appariamo con i pantaloni a zampa di elefante o con la frangetta e ci chiediamo: possibile che io sia stato vestito così, conciato così?” ci racconta Avati che a quasi 82 anni dimostra una energia dialettica incrollabile e affabulante, svelandoci dolcemente il suo universo come si rivolgesse a un pubblico di nipoti affezionati. 

– Maestro, ci racconti cosa è per te la Bellezza? – gli chiede Emilia Costantini.

– Preferisco raccontarvi di cosa è per me la vita, che include anche il mio rapporto con la Bellezza. La vita nella cultura contadina è una collina. Nei primi tempi la si sale fino in cima, nella convinzione che lassù in cima ci attenda qualcosa che ci risarcirà delle tante ingiustizie che abbiamo patito. Io credo che ognuno di noi sia infelice. Credo che la maggior parte delle persone se ne vada senza aver detto chi è, regalando i migliori anni della propria vita a una professione con la quale hanno poco da spartire”.

Solo qualche pennellata di Eros con Avati, ma in fondo “Io sono sempre stato brutto, anche se sono nato bellissimo perché la mia e-mail inizia con a.pubibello. Pensate: da piccolo mi chiamavano Pupi Bello…”. Mentre “L’Amore è per sempre!” afferma con puntuale circolarità all’esordio e alla fine del dialogo-intervista, raccontandoci come ha conquistato la moglie nonostante la timidezza di giovanotto impacciato. “L’amore è per sempre” e il suo matrimonio inossidabile ne è tenera e lusinghiera testimonianza.

Igor Sibaldi

“Mystheros”

Con Igor Sibaldi entriamo decisamente più a fondo sul tema Eros con definizioni e concetti innovativi, nonché a tratti piuttosto opinabili e meno convincenti (almeno per noi ex salesiani un po’ bigotti).

Per chi non lo conoscesse, Igor Sibaldi è scrittore e saggista raffinato. Studioso e apprezzato traduttore dal russo, ebraico e greco antico (spiccano le traduzioni di parte della Genesi e il Vangelo di Giovanni) e riconosciuto esperto di mitologia, esegesi, psicologia del profondo. Questo è quanto di lui sapevo, ma posso aggiungere che a tutto ciò l’uomo unisce l’invidiabile talento di una magnetica arte affabulatoria sciorinata nella dissertazione al Teatro Romano di Verona. 

Come tentare una estrema sintesi di quanto Sibaldi ha trattato a braccio per circa 90 minuti? Ci provo, a volte faccio il funambulo anche di mestiere.

Eros e amore sono parole importantissime, fondamentali per la nostra esistenza, per i nostri atteggiamenti nello scorrere della vita. Solo dobbiamo distaccarci dal solito modo di pensare. Eros è eccitazione, Eros sicuramente esiste, ma non è la prima cosa che tutti pensano. Eros non è una parola di origine ignota, come qualcuno vuol farci credere. Il termine viene dall’ebraico e significa sia eccitazione, sia attenzione estrema. Si può provare eccitazione estrema, cioè Eros, anche ascoltando della musica che ci appassiona tanto. In greco antico e nella letteratura colta Eros significa questo. Per gli antichi filosofi greci Eros è la forza attraverso cui Dio fa evolvere l’uomo aumentandogli l’attenzione per le cose e di conseguenza verso Dio stesso. 

Amore sicuramente esiste, è l’amore sessuale. L’amore sessuale ha uno scopo e chiede: cosa, quando, dove. Tuttavia, non è una gran parola, non ha così tanti significati come si ritiene. È una parola ormai consunta e abusata. Il termine deriva dal latino Amor e rappresenta la stessa cosa che in sanscrito deriva da Kama: desiderio sessuale esclusivo. Amor vuol dire tu vieni con me e non vai da nessun altro. Dio ama l’uomo. Dio ci dice “Devi stare solo con me” (vero, lo dice anche il Primo Comandamento: Non avrai altro Dio all’infuori di me). Ma lo stesso verbo latino non si usa per dire ama il prossimo tuo come te stesso.

Ci dice Sibaldi e chiude il pensiero.

Se così fosse, significherebbe “Fatti il primo che passa”. In latino il verbo necessariamente cambia, non è più Amor. Love in inglese è invece più bello di Amor, perché Love rappresenta l’amore universale, l’amore incondizionato. La parola amore, insomma, è una di quelle parole che non sono cresciute bene nel nostro territorio, proprio come succede al termine Lavoro. 

E come digressione a Eros e Amore, a innamorarsi e a fare innamorare, Sibaldi insiste. 

Italiano e francese. Siamo nelle lingue latine. Alla parola Lavoro, che deriva dal latino Labor la cui traduzione è fatica dello schiavo, corrisponde il termine francese Travail, la cui etimologia proviene addirittura da uno strumento di tortura usato nel Medioevo. 

Il lavoro come vera espiazione in questa valle di lacrime? Ave Sibaldi, morituri te salutant! 

Di diverso avviso sono altre lingue non latine come il russo o l’inglese che hanno due distinti termini per definire il lavoro. In inglese abbiamo Job: lavoro come scelta professionale e Work: fare un’opera che piace molto, diverte. 

Comunque la si voglia pensare su Sibaldi, una LECTIO formidabile concentrata sull’energia dell’Eros come nucleo motivazionale della sua disinvolta e accattivante narratologia. 

Gianni Canova

“Fellini e l’evasione onirica dell’Eros”

Con Gianni Canova e il suo intervento sull’iconico regista riminese Federico Fellini, il percorso sull’Eros vira decisamente in quell’evasione onirica felliniana che il rettore della Iulm ci descrive in modo superbo. La macchina dei sogni produce scene di seduzione indimenticabili e il prestigioso critico cinematografico ci offre un viaggio indimenticabile sempre vivido tra racconto e manciate di proiezioni. 

Il monologo parte e finisce circolarmente da una frase di Carl Gustav Jung “Può essere in grado un uomo di scrivere sulla donna, suo contrario. Voglio dir qualcosa di vero e di giusto […], al di là di ogni illusione o teoria? Io non so davvero chi potrebbe arrogarsi simile superiorità: la donna sta infatti là dove l’uomo ha la sua ombra, sì che troppo spesso egli è portato a confondere la donna con la propria ombra”.

Il professor Canova ci spiega proprio questo: Fellini ha elevato la donna in modo totale, cantandola anche nella rappresentazione del mestiere più vecchio del mondo. Ammiriamo la strepitosa scena da Otto e mezzo (8 ½) con la rumba di Saraghina che si esibisce sulla spiaggia per un manipolo di ragazzetti. Canova ci invita anche a osservare uno di questi che si schiaffeggia da solo prima di essere pizzicato da un paio di preti che lo inseguono placcandolo sulla sabbia. Questa scena è un capolavoro, ci dice Canova. Fellini è unico proprio per questo. 

La donna è il sogno e il sogno è la donna, anche la gigantesca donna Saraghina che balla al ritmo di fisarmonica o quelle donne che emergono dai suoi sogni erotici, orrendi, timorati e piene di tette e culi enormi, perché le donne sono sempre e comunque rappresentate in modo indelebile e poetico. Ricordate in Amarcord la tabaccaia, la professoressa o il pensiero segreto del giovanotto nel confessionale “Cosa credi che veniamo a vedere i culi delle pecore quando benedici gli animali”? Sono i ricordi d’infanzia del regista riminese. Ricordi che spesso rivivono nel personaggio Snaporaz, Marcello Mastroianni suo dichiarato alter ego e attore preferito, in La città delle donne e La dolce Vita.

E io che pensavo a un disagio, a una frustrazione, a una inadeguatezza a rapportarsi con le donne di qualsiasi età! Grazie professore per questo monologo. Avevo poche idee, ma ben confuse, di Federico Fellini: l’uomo di La dolce vita, Amarcord, Otto e mezzo.

Del critico bergamasco Gianni Canova riporto un paio di passaggi davvero illuminanti.

“C’è nei film di Fellini del cubismo a volte determinante, specie quando dopo l’insuccesso del film Il Bidone decide di mollare gli ormeggi e di tagliare i ponti con la tecnica narrativa tradizionale per addentrarsi in un territorio in cui la condensazione in una stessa figura di una simultaneità di punti di vista diversi diventa tratto di stile”. 

“Fellini Solca i cieli del cinema come un ufo, un oggetto volante non identificato, un meteorite che ogni volta va in una direzione diversa e non sai mai bene dove andrà a finire. Non ha fatto scuola Fellini. Non ha lasciato allievi, non ha lasciato eredi. Non ci sono epigoni, qualche imitatore… certo. Molti ammiratori… per fortuna… qualcuno anche molto bravo, come Paolo Sorrentino in Italia”.

Arrivederci in Arena per il prosieguo del Festival della Bellezza 2020.

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Sono imprenditore nel settore metalmeccanico per la ristorazione professionale e da oltre trent’anni seguo l’omonima azienda di famiglia, riferimento industriale del Made in Italy dal 1952. Leggi tutto

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