cz: professor Cacciari, esiste ancora la divina fiamma nella poesia contemporanea?
MC: certamente. Ci vogliono fabbri perché il linguaggio diventi illustre e ancora oggi la poesis è l’anima del linguaggio e fa la lingua. Senza i poeti la lingua muore.
DANTE, VIRGILIO E LA DIVINA FIAMMA
Dante e Virgilio. Il poeta è profeta
(Massimo Cacciari)
Teatro Bibiena di Mantova.
Sintesi della lectio del filosofo e opinionista Massimo Cacciari.
Senza poeti un idioma muore.
Ci vogliono fabbri affinché il linguaggio diventi illustre.
Il poeta, POESIS come già riportava Dante nel De vulgari eloquentia, fa la lingua.
E senza il poeta la lingua muore! Ecco l’eloquenza del modello virgiliano, ciò che conta per Dante.
Occorre che Dante diventi classico come classico è Virgilio. Tuttavia, non lo STILO o ALTO STILO semplicemente, ma la poesia virgiliana come fondazione del linguaggio, come lingua matrice. L’Eneide è lingua mamma della poesia e soprattutto del linguaggio poetico.
Occorre che il mio volgare illustre, dice Dante, sia come il latino di Virgilio. Questo è l’EXEMPLUM di Virgilio per Dante. Non semplicemente lo STILO, ma quello STILO che Dante intende come fondato sulla creatività della poesia nei confronti dell’essenza stessa del linguaggio, l’anima del linguaggio.
Secondo punto.
Per Dante Virgilio è VATE, inteso come vaso d’elezione in cui Dio riversa rivelazioni sacre per la creazione del poema alla pari di San Paolo, il primo vate capace di rivelazioni divine. Il vate per eccellenza.
Tuttavia, l’idea del vate profetico appartiene anche ai pagani. In un certo modo anche i pagani sono profetici, Dio versa rivelazioni sacre in loro che poi profetizzano alla gente o al popolo.
È una rivelazione inaudita nel Medioevo. La poesia capace di profezia, come Dante vuole esprimere la sua e come i profeti hanno espresso nel loro linguaggio biblico-profetico.
E Dante vuole essere di questo genere, vuole avere la divina fiamma che riconosce già nel poeta pagano Virgilio e nella sua Eneide. Poeta che lo guidi verso la virtù con l’unico linguaggio di vero valore escatologico, ossia sulle aspettative ultime dell’uomo circa la vita ultraterrena e il ricongiungimento con la carne.
L’ affinità compassionevole, l’ammirazione, il disprezzo. Molti i punti in comune tra Virgilio e Dante.
Figura reale e vero compagno di viaggio di Dante, Virgilio non spiega soltanto, da maestro, i vizi umani. Virgilio discerne da figura a figura, da persona a persona.
Ma anche se rimane il maestro e lui solo e non Dante può interloquire con un grande eroe come Ulisse, Virgilio chiede la via con lui. Virgilio si inerpica faticosamente assieme a Dante. Virgilio: ombra, animo, spirito.
E con altrettanta vivacità appare la sua terra durante l’incontro con Sordello: “O mantovano, io son Sordello de la tua terra!”. È l’amore per la propria radice, l’amore per la propria origine tanto quanto la nostalgia che Dante sente per la sua terra: Firenze.
Virgilio, uomo virtuoso vissuto prima di Cristo, non ha speranze ed è condannato al Limbo, mentre Sordello si inerpica nel Purgatorio con la speranza di assurgere al Paradiso.
Dunque, Virgilio guida e Duce etico razionale di virtù e di poesia. Poesia vista come vas d’elezione e profetica, poesia che maturerà solamente e pienamente nel sacro poema che Dante ha straordinaria coscienza di stare componendo.
Perché Dante Alighieri rappresenta certamente la prima affermazione prepotente del sé, fatto che non ha paragoni in tutta la cultura medioevale precedente. Dante Alighieri è l’introduzione a tutto l’Umanesimo e Rinascimento in cui rimane il sommo profeta.
E nessuno ha solcato oceani più inauditi della sua somma missione universale, poetica, politica, religiosa.
Detto ciò, siamo ancora distanti dal comprendere appieno la figura di Virgilio: figura eternamente tra color che son sospesi.
Azzardiamo alcune riflessioni. Ci sono elementi di questa figura che FANNO PROBLEMA.
Come può un’anima del limbo mostrare subito di conoscere una Beatrice “O donna di virtù”? Come conosce il poeta pagano il mondo che eccede ciò di cui ha avuto esperienza. Come può parlare di Empireo “L’ampio loco” e incontrare Beatrice che scesa a parlargli già anela a farne ritorno? E la risposta a Caronte? “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare”.
Questa è conoscenza teologica.
Virgilio dimostra conoscenza della potestas assoluta divina, poco applicabile agli dèi falsi e bugiardi.
Insomma, sono parecchie le intuizioni precristiane nel Virgilio di Dante, sono molte le conoscenze teologiche, le prefigurazioni proprie della teologia cristiana.
Altro esempio è Il “Dilettoso Monte”, il monte della felicità terrena, quello che porta al Purgatorio: “Ma tu perché ritorni a tanta noia? Perché non sali il dilettoso monte ch’è principio e cagion di tutta gioia?”, ma che ne può sapere Virgilio del Purgatorio?
Ma allora, se l’Amore Divino vince tutto, perché non salvarlo come Dante ha fatto con Traiano nel Paradiso? “Che cose son queste?”.
Tuttavia, proprio questa ambiguità vitale rende il personaggio vivace a differenza di Traiano puro simbolo di giustizia, di cui Dio si innamora, nel canto del Paradiso.
La figura di Virgilio è prepotentemente caratterizzata da questa sua ambiguità.
Si vede che per Dante era necessaria all’economia del poema, ci dice il filosofo Cacciari. Ma allora perché non salvarlo, nonostante le parole di speranza di Beatrice di volerlo lodare al Signore?
Secondo Massimo Cacciari, Dante aveva bisogno di un Virgilio che sperasse attraverso di lui. Se avesse avuto come guida un Virgilio miracolosamente salvato non avrebbe creato la straordinaria tensione. Virgilio spera attraverso Dante, lo accompagna e vive la speranza di Dante. Ma Virgilio continua a non possedere la fede di Dante e questa è la drammaticità e ambiguità della sua figura. Non possiede tale fede, la avverte ma non la possiede, non può viverla. Ma attraverso Dante spera anche lui in una salvezza, anche se impossibile. L’esperienza del Virgilio dantesco è drammatica.
Al Paradiso Terrestre Dante può arrivare solo tramite Beatrice. L’ultimo passo lo fa fare Beatrice. Immagine di teologia attiva, non speculativa quella di Beatrice.
Ecco perché Virgilio non può entrare nel Paradiso Terrestre! Per entrare nel Paradiso Terrestre e abitarvi occorre avere una guida che induce anche a procedere oltre.
Che tu abiterai nella città dell’uomo, giusta, e sarai in questa città felice solo se riesci a vedere anche oltre quella città terrestre. L’abiterai tanto meglio e sarai tanto più felice all’interno della città terrestre quanto più il tuo sguardo sarà in alto. Il tuo amore terrestre, la tua eudaimonia (ndr la ricerca della felicità come fine naturale) sarà tanto più forte e perfetta quanto più saprai trascendere la situazione semplicemente terrestre. La coscienza che soltanto se tu avrai lo sguardo trascendente tale dimensione sarai perfettamente felice quaggiù.
Questa è la grande idea che si avanza nella Commedia. Non in contraddizione con quanto scritto precedentemente in Monarchia, ma uno sviluppo filosofico e teologico di quell’idea.
Il Paradiso Terrestre sarà per Dante solo di colui che saprà andare oltre, saprà trascendersi, saprà eternarsi, cosa che non è possibile nel Paradiso Terrestre in quanto tale dove tutto avviene secondo l’ordine del tempo. Ma vivrai tanto meglio secondo l’ordine del tempo quanto più la tua natura si volgerà ad eternarsi, quanto più il tuo amore sarà quello di vedere le cose sub specie aeternitatis. Dall’alto, come Dante dal Paradiso guarda costantemente quaggiù. Ma dall’alto, non navigando!
Senza questa disposizione a trascendersi non ci sarà mai autentica felicità e autentica giustizia in terra.
E allora occorre Beatrice per comprendere il Paradiso Terrestre, perché Beatrice abita oltre il Paradiso Terrestre, al di là. Ma del Paradiso Terrestre Beatrice ha cura appassionata sino alle sue ultime parole, alle sue ultime invettive. “Quelli ch’usurpa in terra il luogo mio, il luogo mio, il luogo mio che vaca ne la presenza del Figliuol di Dio”; “In vesta di pastor lupi rapaci si veggion di qua sù per tutti i paschi: o difesa di Dio, perché pur giaci?”.
Da lassù guardano quaggiù e la dimensione mistica ci aiuta a comprendere meglio le miserie di quaggiù e di volere ancor più la felicità terrestre.
Beatrice, Pietro, Paolo. Dal Paradiso continuano la lotta contro coloro che impediscono il concreto realizzarsi di un Paradiso Terrestre della giustizia e della felicità quaggiù.